How to stop homophobia in sport? The Rainbow Laces campaign’s case

According to the University of Monash, the Rainbow Laces initiative is doomed to fail, since it is based on the premise that a wide range of problems can be solved with a single solution. The goal must be to refocus the attention away from marketing messages and move the project entirely towards the amateur sports environments.

La campagna Rainbow Laces adottata nel Regno Unito può porre fine all’omofobia nello sport? Questa la domanda che si è posta l’Università di Monash durante una fase di studio riguardo a come fermare il linguaggio omofobico e rendere lo sport più inclusivo e accogliente per le persone LGBTQ.

Fino a poco tema fa era impossibile rispondere a un quesito del genere. Negli ultimi 50 anni sono stati condotti migliaia di studi sul problema dell’omofobia nello sport ma nessuna si è focalizzata sulle soluzioni, compresi gli studi condotti per determinare se campagne come Rainbow Laces hanno qualche beneficio.

Jordan Henderson, capitano del Liverpool, ha indossato ieri durante la partita contro i Wolves una fascia da braccio Rainbow Laces: “Se indossare una fascia da braccio con i lacci Rainbow Laces aiuta anche solo una persona, allora è un progresso. Tutti sono i benvenuti al Liverpool Football Club”. Henderson ha sottolineato l’importanza della campagna Rainbow Laces con un’interazione sui social media con un fan che ha spiegato perché vedere la sua fascia arcobaleno ha un effetto significativo.

Dopo la partita Henderson è stato contattato su Twitter dal tifoso del Liverpool Keith Spooner che gli ha spiegato il significato della fascia al braccio. Keith ha detto: “A 17 anni sono uscito, ho faticato per tutta l’adolescenza, ma l’unica cosa che mi ha sempre fatto sentire a casa è stata Liverpool. Vedere questo significa il mondo per me, davvero”. Henderson ha condiviso il messaggio con i suoi seguaci e ha risposto: “Non camminerai mai da solo Keith. Se indossare una fascia da braccio con i lacci arcobaleno aiuta anche solo una persona, allora è un progresso. Tutti sono i benvenuti al Liverpool Football Club. Spero che la partita di stasera vi sia piaciuta”.

Ad oggi però, nonostante l’episodio di Henderson, non ci sono prove che la campagna aiuti a fermare il linguaggio omofobico o a rendere lo sport più inclusivo e accogliente. Tuttavia, una soluzione potrebbe essere orientare la campagna lontano dai club professionistici e vicino a club e squadre amatoriali. I comportamenti omofobici e transfobici e l’esclusione delle persone LGBTQ dallo sport, secondo scienziati del Comitato Olimpico Internazionale e scienziati di medicina dello sport, rimangono problemi gravi che richiedono soluzioni urgenti. Questo a causa dei danni causati alle persone LGBTQ, in particolare ai giovani.

I ragazzi gay e bisessuali praticano sport di squadra, ma sono solo la metà dei loro coetanei. Molti infatti evitano lo sport a causa del linguaggio omofobico. Secondo uno studio dell’Università di Monash più della metà dei giovani gay e bisessuali ha dichiarato di essere stata vittima di bullismo omofobico, aggressioni, insulti, scherzi e altre forme di comportamento omofobico nello sport. Essere il bersaglio di un comportamento omofobico, o anche solo essere esposti a comportamenti omofobici, aumenta il rischio che un giovane LGBTQ si possa auto lesionare o tentare il suicidio. Per questo motivo una recente dichiarazione congiunta, senza precedenti, di tutte le agenzie delle Nazioni Unite ha chiesto un’azione urgente per fermare i comportamenti omofobici.

Spesso si presume anche che l’omofobia non sia un gran problema nello sport femminile, perché la maggior parte delle atlete sono considerate lesbiche. Questo falso stereotipo in sé evidenzia il problema dell’omofobia che colpisce tutte le donne e le ragazze che praticano sport. Le donne lesbiche e bisessuali praticano in realtà sport di squadra più o meno allo stesso livello rispetto ai coetanei. Ma le cause di questa discriminazione sono molto diverse da quelle degli sport maschili e sono più legate al sessismo e alle norme di genere sulle donne che all’omofobia.

Bisognerebbe sviluppare soluzioni uniche per risolvere questo problema. Questo evidenzia perché gli approcci unici per risolvere l’omofobia nello sport o la LGBT-fobia sono destinati a fallire, in quanto si basano sulla premessa che si può risolvere una vasta gamma di problemi, tutti con cause diverse, con la stessa identica soluzione.

Nel Regno Unito, negli ultimi sette anni, anche le squadre sportive hanno partecipato all’iniziativa Rainbow Laces, ma il linguaggio omofobico continua a rimanere comune. Due terzi dei giocatori di calcio adolescenti e quasi la metà dei giocatori di rugby maschi ammettono di aver usato recentemente un linguaggio omofobico con i compagni di squadra e che fa generalmente parte delle loro battute e del loro umorismo. A livello amatoriale, i maschi gay e bisessuali rimangono invisibili. 

Tuttavia, recenti ricerche suggeriscono che riorientare l’attuale campagna Rainbow Laces, che è in corso, lontano dalle squadre professionistiche e fortemente orientata verso lo sport amatoriale potrebbe aiutare a risolvere questi problemi.

La ricerca dell’Università di Monash ha scoperto che la maggior parte degli atleti maschi usa un linguaggio omofobico per conformarsi al comportamento degli altri che lo circondano. I ragazzi percepiscono che c’è un’aspettativa nello sport di usare questo linguaggio, e quindi hanno bisogno di usare determinate espressioni per indicare agli altri che fanno parte del gruppo. La maggior parte degli atleti maschi, inoltre, stranamente, crede che un gay si sentirebbe “molto” benvenuto nella propria squadra nonostante l’uso frequente del linguaggio omofobico.

C’è il bisogno che le squadre che ospitano i Rainbow Laces utilizzino gli eventi come veicolo per fornire un’educazione chiara e diretta sulle parole specifiche che gli atleti devono smettere di usare e perché. Tuttavia, questi eventi non possono essere una soluzione unica alle diverse forme di discriminazione subite da maschi, femmine e persone transgeniche. Problemi diversi, con cause diverse, richiedono soluzioni diverse.

Bisogna quindi riorientare queste campagne lontano dallo sport professionistico e mettere le nostre energie per promuovere l’adozione nello sport amatoriale. Questo perché partecipare a una partita dei Rainbow Laces, o a un Pride Games, non cambia gli atteggiamenti o i comportamenti. L’obiettivo deve essere quello di riorientare la nostra attenzione lontano dai messaggi di marketing e dalle “attivazioni” che sono attualmente al centro della campagna Rainbow Laces, spostare la nostra attenzione interamente verso gli ambienti sportivi amatoriali.

Fonti: lens.monash.edu, skysports.com

Articolo di Sergio Pannocchia

Traduzione di Luca Lollobrigida

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